Usura: E’ nullo il patto che prevede interessi moratori oltre soglia. Corte di Cassazione, Ordinanza del 30/10/2018.

Usura: E’ nullo il patto che prevede interessi moratori oltre soglia. Corte di Cassazione, Ordinanza del 30/10/2018.

Con una recente ordinanza del 30.10.2018 n. 27442, la Corte di Cassazione ha statuito la nullità della clausola contrattuale con la quale la Banca conviene con il cliente interessi moratori che eccedano il tasso soglia di cui all’art. 2 della I. 7.3.1996 n. 108, relativo al tipo di operazione cui accede detta clausola. Alla nullità consegue la liberazione del debitore dal pagamento di qualsiasi interesse, ai sensi dell’art. 1815 c.c. e l’obbligo della banca di restituire tutti gli importi pagati a titolo di interessi.

La questione vede schierati due orientamenti contrapposti.

Da una parte la tesi che ritiene che il tasso-soglia ai fini dell’usura sia applicabile ai soli interessi corrispettivi e non anche agli interessi di mora, in quanto “ontologicamente” disomogenei. Gli interessi corrispettivi remunerano, infatti, un capitale, sono necessari e hanno finalità di lucro, gli interessi di mora costituiscono invece una sanzione convenzionale, assimilabile alla clausola penale, sono solo eventuali e hanno funzione risarcitoria. La tesi poggia anche sul presupposto che non esiste norma che commini la nullità degli interessi moratori eccedenti il tasso soglia.
Dall’altra parte la tesi opposta che afferma che gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dall’art. 2, comma 4, I. 7.3.1996 n. 108, vanno qualificati ipso iure come usurari.

L’ordinanza citata della Cassazione si evidenzia per puntualità e dovizia di argomentazioni e aderisce in toto alla seconda teoria. L’art. 2 I. 108/96 in tema di usura vieta di pattuire interessi eccedenti la misura massima ivi prevista e non vi è motivo per non applicarlo sia agli interessi promessi a titolo di remunerazione d’un capitale o della dilazione d’un pagamento, sia agli interessi dovuti in conseguenza della costituzione in mora. Tale conclusione rispecchia il dato letterale delle norme in materia, in quanto nel termine interessi rientrano tanto quelli pattuiti a titolo di corrispettivo che quelli pattuiti a titolo di mora. La previsione normativa secondo cui il giudizio di usurarietà può riguardare gli interessi pattuiti “a qualunque titolo” rende palese che per la lettera della legge anche gli interessi di mora restano soggetti alle norme antiusura. La tesi opposta che si fonda principalmente sulla circostanza che le norme antiusura colpiscono un lucro e non possono invece disapplicare una sanzione non ha pregio, secondo la Cassazione, perché la corresponsione degli interessi di mora per il nostro ordinamento ha la funzione di tenere indenne il creditore della perduta possibilità di impiegare proficuamente il denaro dovutogli. Se gli interessi corrispettivi ex art. 1282 c.c. remunerano dunque un capitale di cui il creditore si è privato volontariamente, quelli moratori ex art. 1224 c.c. remunerano invece un capitale di cui il creditore è rimasto privo involontariamente: ma tanto gli uni, quanto gli altri, rappresentano il profitto del capitale. Tanto gli interessi compensativi, quanto quelli convenzionali moratori, ristorano dunque il differimento nel tempo del godimento d’un capitale: essi differiscono dunque nella fonte (solo il contratto nel primo caso, il contratto e la mora nel secondo) e nella decorrenza (immediata per i primi, differita ed eventuale per i secondi), ma non nella funzione.

L’ordinanza della Suprema Corte tratta solo in minima parte gli effetti che derivano dalla nullità della clausola degli interessi convenzionali moratori. Si muovono al riguardo diverse tesi, dalla più restrittiva che vede un obbligo della banca di restituire al Cliente il solo importo differenziale extra-soglia, da quella più radicale che rappresentata dall’integrale conversione del mutuo in contratto gratuito, con restituzione, quindi, da parte della banca di tutti gli importi corrisposti dal Cliente a titolo di interessi, sia essi corrispettivi che usurari, attraverso quella che attribuisce al Cliente il solo obbligo degli interessi al tasso legale, con restituzione quindi dell’importo differenziale tra l’importo effettivamente corrisposto a titolo di interessi (sia essi corrispettivi che moratori) e l’importo da pagare al tasso legale. Pur non prendendo posizione al riguardo, perché la questione non costituiva oggetto di impugnazione, la Corte, con obiter dictum, reputa che, nonostante l’identica funzione sostanziale degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, l’applicazione dell’art. 1815 2° comma c.c., ai sensi del quale il mutuo diventa gratuito, non sembra sostenibile, atteso che la norma si riferisce ai soli interessi corrispettivi, e considerato che la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa è ragionevole sostenere che la nullità della clausola sugli interessi per la presenza di interessi convenzionali moratori usurari attribuisce al danneggiato gli interessi al tasso legale, determinabili anche attraverso il criterio di cui all’art. 117, 7° comma TUB.

L’ordinanza in esame costituisce una decisione molto importante sia per la ricostruzione storico-giuridica della questione, sia per l’importante risvolto pratico. Costituisce certamente un consolidato orientamento sul delicato e complesso tema dell’usura e della tutela del contraente debole da cui vi è l’auspicio che i giudici di merito difficilmente potranno discostarsi.

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